Primitivo tempio pagano
L’immensa caverna calcarea, tenendo presente il sito, la struttura e l’ampiezza, dovette essere giĂ in etĂ greca e romana un luogo di culto. Lo storico Strabone parla, riferendosi probabilmente ad essa, di un tempio dedicato al dio Calcante, mitico indovino, sacerdote di Apollo. Qui accorrevano i fedeli per chiedere i responsi, spesso trascorrendo le notti avvolti nelle pelli degli animali sacrificati. E’ probabile che vi si adorasse anche lo stesso Apollo, divinitĂ pagana simboleggiante la luce e raffigurata con l’aspetto giovanile, di rara bellezza.
EtĂ prelongobarda
L’origine del Santuario si colloca tra la fine del V e l’inizio del VI secolo quando, come testimonia il Liber de apparitione sancti Michaelis in Monte Gargano, l’iniziativa dell’allora vescovo di Siponto, Lorenzo Maiorano, di adoperarsi per estirpare il culto pagano tra gli abitanti del Gargano, fu accompagnata da fatti miracolosi che diedero origine al culto dell’Arcangelo Michele sul
promontorio pugliese. Esso è legato alla memoria di tre apparizioni seguite, poi, da una quarta avvenuta a distanza di molti secoli.
Il Gargano, la propaggine più avanzata del suolo italiano verso l’oriente, grazie anche alla fama acquisita per queste apparizioni, fu gelosa custodia dei Bizantini che tenevano sotto il loro dominio tutte le regioni costiere adriatiche, segnatamente quella a loro più vicina, cioè la Puglia. In questa fase il Santuario era ben diverso da come ci appare oggi. All’immensa caverna si accedeva in salita dalla valle chiamata “di Carbonara”, attraverso un porticato ed una galleria che sbucavano letteralmente nell’irregolare e profonda caverna. San Michele, in questa fase storica, era venerato come il guaritore delle malattie e colui che presenta le anime dei defunti al trono divino. Famosa la cosiddetta “stilla”: un’acqua miracolosa che, secondo i racconti, stillava dalle rocce della caverna e guariva ogni sorta di mali.
EtĂ longobarda
In ragione del fatto che il Santuario convogliava l’interesse delle diverse forze che agivano nell’Italia meridionale, tra il VI e il VII secolo, esso assunse una precisa connotazione che si intrecciò strettamente con la storia dei Longobardi. Il Santuario di San Michele si caratterizzò per un preciso ruolo di mediazione tra la promozione di una fede popolare e il consolidarsi di una politica religiosa: divenendo il sacrario nazionale dei Longobardi che vedevano nell’Arcangelo la figura ideale di dio guerriero protettore. La Basilica fu oggetto di imponenti lavori di ristrutturazione ed ampliamento che abbellirono e resero piĂą funzionale la sua struttura. Il santuario fu inserito in un circuito di pellegrinaggi e divenne meta di numerosissimi fedeli provenienti anche dalle regioni piĂą settentrionali dell’Europa, come è testimoniato dalle diverse iscrizioni incise sui muri degli ingressi, talune addirittura a carattere “runico”.
EtĂ medievale
Tra la fine del IX e gli inizi del X secolo, si registrano vari attacchi da parte dei Saraceni, il piĂą grave dei quali condotto nell’869. Probabilmente in seguito a tale incursione, il Santuario fu seriamente danneggiato. L’imperatore Ludovico (825 – 875) intervenne poco dopo fornendo ad Aione, arcivescovo di Benevento – da cui dipendeva la Basilica – i mezzi per restaurare le “rovine” della Chiesa angelica. Fu in questa circostanza che si realizzarono le decorazioni ad affresco delle murature, gli archi e i pilastri della scalinata monumentale che conduceva all’altare delle “Impronte”. Ma piĂą tardi, tra il X e l’XI secolo, il Santuario si trovò ad essere nuovamente sotto il dominio Bizantino (seconda ellenizzazione).
I primi Normanni venuti in Italia, ben presto, si spinsero verso il Gargano e qui strinsero alleanza con il condottiero Melo da Bari per scacciare i Bizantini dalla Puglia. Cominciò, così, il periodo normanno durante il quale la CittĂ di Monte Sant’Angelo ricevette un singolare privilegio: venne definita “Signoria dell’onore” e godette di innumerevoli diplomi ed esenzioni. Quasi certamente, giĂ alla metĂ del secolo XI, sotto l’egida di Roberto il Guiscardo, si provvide ad una piĂą articolata ristrutturazione e riorganizzazione della Chiesa Grotta.
Molti indizi autorizzano ad immaginare un assetto affine a quello attuale nel quale inserire l’ingresso monumentale, le porte di bronzo e, forse, le suppellettili marmoree. Intanto il centro
abitato cresceva e si allargava, forte anche della sua posizione elevata, strategicamente importante. Lo svevo Federico II venne spesso a dimorarvi con la sua corte fastosa. La leggenda vuole che nell’imponente castello di Monte Sant’Angelo il “Puer Apuliae” abbia generato Manfredi da Bianca Lancia. Egli, tuttavia, non disdegnò di saccheggiare lo stesso Santuario ma poi, pentito, donò un reliquario con un pezzo della Santa Croce che aveva acquisito nella crociata in Terrasanta da lui condotta.
EtĂ Angioina
Tra la seconda metà del XIII secolo e i primi decenni del XIV il complesso di San Michele Arcangelo subì un’imponente opera di trasformazione promossa e realizzata dai sovrani angioini che avevano il Santuario sotto la loro speciale protezione. Per volontà di Carlo I d’Angiò il collegamento tra la Grotta e il centro abitato di Monte Sant’Angelo, dominato dal gruppo di edifici attorno a Santa Maria Maggiore, venne reso più agevole ampliando e prolungando di alcune rampe la scalinata in parte già esistente. A lui si devono l’attuale sistemazione del Santuario (con un’ardita operazione che tagliava a metà la grotta, relegando nel sottosuolo gli antichi ingressi bizantino-longobardi) e l’accesso “in discesa” dal lato sud attraverso un’ampia scalinata segnata da grandi arcate laterali.
Commissionò la grande navata, suddivisa in tre campate, addossata alla Grotta, nel cui abside si trova l’altare barocco di fine Seicento.
A Carlo si deve anche la costruzione, iniziata nel 1274, del grande campanile, eretto per ringraziamento della conquista dell’Italia meridionale, opera degli architetti Giordano e Maraldo di Monte Sant’Angelo, e che richiama straordinariamente le torri del federiciano Castel del Monte. I successori di Carlo I portarono a compimento la sistemazione giĂ iniziata. Nella Basilica fu battezzato re Carlo III di Durazzo, nato proprio nel castello di Monte Sant’Angelo.
EtĂ moderna
Durante il XVII secolo la città di Monte Sant’Angelo diviene il centro più importante del Gargano. Il Santuario registra un numero sempre maggiore di presenze da parte di fedeli e devoti di ogni estrazione sociale.
Il piazzale antistante l’ingresso della Basilica, che nel corso dei secoli fu affollato di edifici, prese il nome di “atrio della colonna”, per la presenza di una colonna alla cui cima vi era una statua di San Michele. Tale statua venne rimossa in occasione della risistemazione del piazzale, avvenuta nel 1865, in seguito alla quale nacque la facciata a due arcate, di cui la sinistra è una ripresa in stile di quella originaria.
Nel 1872 la Basilica fu definitivamente riconosciuta cappella palatina, cioè dipendente direttamente dal’’autoritĂ regale, ed i suoi sacerdoti ebbero il titolo di “cappellani della real casa” fino al Concordato del 1929.
Dal 1970 al 1996 il Santuario fu officiato dai monaci Benedettini ed attualmente dalla Congregazione di San Michele Arcangelo alla quale si deve, nel 1999, la costruzione della cappella penitenziale che accoglie elementi della antica roccia sui quali campeggia uno splendido crocifisso ligneo del XIV-XV sec.
A quella che viene comunemente indicata come “Celeste Basilica”, in quanto non consacrata dagli uomini, ma dallo stesso Arcangelo, con decreto ufficiale della Chiesa è stato concesso “per sempre” il privilegio del PERDONO ANGELICO. Dal 1997, infatti, i visitatori confessati e comunicati acquistano l’indulgenza plenaria recitando il Padre nostro e il Credo e pregando per il Papa.
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